sabato 23 novembre 2013

ENGLISH FOOTBALL

Si dice, o meglio, gli inglesi dicono che il calcio è nato a Londra il 26 Ottobre 1863. Questa data in realtà sancisce la nascita del calcio moderno, come lo intendiamo noi, perchè si hanno notizie di giochi molto simili praticati fin dall'antichità. Ma quello che nasce il 26 Ottobre 1863 non è uno sport, ma una filosofia di vita. Il calcio inglese abbina sport, agonismo, lealtà e, last but not least, charity. Charity è un concetto che può essere tradotto con la parola carità, ma non comprende l'accezione cristiana della parola, non è dare soldi e fregarsene di quello che succede; si avvicina di più alla parola service, cercare di aiutare con le proprie forze e non con i propri soldi. Moltissimi giocatori vengono impegnati in giornate di sport con giovani delle Academies inglesi. La First Division inglese è stata dal 1888 al 1992 la prima divisione inglese; dal 1993 in poi si gioca il campionato più bello del mondo, la Premier League. Alla base della Premier League non ci sono solo gli interessi a voler contrattare autonomamente i diritti televisivi da parte delle singole squadre (cosa che non era possibile prima, in quanto erano contrattati dalla lega calcio inglese); c'è anche altro secondo me. Il 29 Maggio 1985 si consuma allo stadio Heysel una delle stragi più terribili mai avvenute durante una manifestazione sportiva. Il racconto della strage esulerebbe dalla mia trattazione, quindi parlerò solo della parte che mi interessa: come ho scritto qualche rigo più in sù, il calcio inglese oltre ad agonismo è anche lealtà e fair play. Quello che si vide allo stadio Heysel non era umano, era qualcosa di atroce, con persone che si lanciavano nel vuoto dal secondo anello per evitare di essere schiacciate dalla furia omicida degli Hooligans inglesi. La FA non passerà indenne questa tragedia, ma comunque ne uscirà profondamente cambiata. Dal 1993 ci sono, con l'avvento della Premier League, norme molto più rigide negli stadi, se fai cazzate non ci metti più piede, perchè la partita è e deve essere un momento di divertimento, di ricreazione, di socialità e magari di qualche birra di troppo in perfetto stile inglese. La strage dell'Heysel è quindi, probabilmente una delle scintille che hanno fatto partire il motore e che hanno contribuito a creare un campionato bellissimo. Il campionato. Ma davvero pensate che un giocatore vada in Inghilterra per vincere il campionato? Se vai a giocare in Inghilterra ci vai per vincere l'FA Cup, la coppa nazionale. Questo ha bevuto troppo, direte. E invece no: sembra paradossale, ma vincere l'FA Cup  supera la vittoria del campionato. La formula della manifestazione è semplice: tutte le squadre professionistiche partecipano alla coppa, elemento che favorisce le squadre più piccole perchè giocano in casa in modo da poter ottenere un buon incasso. La vittoria dell'FA Cup dà l'accesso diretto alla UEFA Europa League, ma quello è soltanto una cosa in più, visto che spesso le finaliste sono 2 delle prime 4 che si qualificheranno in Champion's League. Tra parentesi, è anche la manifestazione sportiva regolarmente svolta più antica del mondo. Tra i vincitori dell'FA Cup c'è anche un giocatore che permette di inquadrare abbastanza bene lo spirito del calcio inglese: David Beckham, oltre ad essere rinomato per la sua bellezza, è stato anche un calciatore. Uno dei suoi gol più belli lo mise a segno a inizio carriera con la maglia del Manchester United, tirando da centrocampo un morbido pallonetto che scavalcò il portiere. Ma il gol più significativo segnato da Beckham nella sua vita è stato quello che mise a segno con la maglia della nazionale inglese in un match contro l'Argentina, alla Coppa del Mondo del 2002. C'è però un'antefatto importante: nel 1998, sempre alla coppa del mondo, sempre contro l'Argentina, Beckham fu espulso causando indirettamente l'eliminazione dal torneo dell'Inghilterra. Espulso in un match normale? Eh no! Inghilterra-Argentina non è un match come gli altri. tra le due squadre e tra le due tifoserie esiste infatti un'insolita rivalità, credo forse l'unica a livello intercontinentale, talmente sentita da far chiamare agli argentini "clasico" la partita contro gli inglesi. Il primo match risale alla coppa del mondo 1966 giocata in Inghilterra e vinta dai padroni. Ad alimentare ulteriormente la rivalità ci fu la guerra delle Falkland del 1982. Avamposto inglese, le Falkland sono un'importante giacimento di minerali, e sopratutto sono vicine all'Antartide, che prima o poi si scioglierà, rivelando le sue ricchezze del sottosuolo. Gli argentini le invasero, ma in pochi giorni tutto tornò come prima. Ma torniamo a David Beckham. Nel 1998 fu criticato pesantemente dalla stampa per quell'espulsione, indicata come principale causa dell'eliminazione della squadra. Sono inglesi, c'è poco da fare. Ma per Beckham si presenta un'occasione per rifarsi, ai Mondiali successivi, nel 2002, di nuovo l'Argentina, di nuovo Beckham, ma stavolta capitano e segna il rigore che aiuta la sua squadra a vincere. 
Potrei quindi aggiungere la parola patriottismo alla definizione di calcio inglese? Sport, Agonismo, Lealtà, Charity e Patriottismo. Aggiungiamo anche la Birra, che non guasta mai quando si parla di ENGLISH FOOTBALL

sabato 16 novembre 2013

MANCHESTER UNITED STORY, PART 9: RYAN GIGGS-THE WELSH WIZARD


“È imbarazzante da dire, ma in tutta la mia vita ci sono stati due calciatori che mi hanno fatto piangere quando li ho visti giocare: il primo era Roberto Baggio, il secondo era Ryan Giggs.” Alessandro Del Piero

È impossibile scrivere la storia del Manchester United senza menzionare Ryan Giggs. E mi sembra giusto terminarla con un articolo dedicato al Mago Gallese. Molti di noi non erano ancora nati quando ha incominciato a vestire la maglia rossa dello United. E nessuno può immaginarsi i Red Devils senza di lui. Colui che ci è sempre stato dal 1987, anno in cui cominciò a giocare nelle giovanili, ad oggi. Colui che ha battuto qualsiasi record possibile ed immaginabile per un calciatore. Colui che ha battuto addirittura Sir Alex Ferguson per longevità all’Old Trafford. Solo un Mago poteva riuscirci. Eppure la sua carriera non comincia allo United. Comincia sempre a Manchester, sì.  Ma dalla parte sbagliata della città. La prima maglia indossata da Ryan infatti è la casacca azzurra degli odiati rivali del Manchester City. Non un grande inizio per chi sarebbe diventato una delle più grandi bandiere dei Red Devils di tutti i tempi. Giggs però si farà perdonare dai tifosi dello United per quel piccolo abbaglio giovanile con una carriera formidabile. Il suo approdo nella parte rossa di Manchester è l’ennesima intuizione di Sir Alex che lo vuole a tutti i costi e lo strappa al City, portandolo nelle giovanili dei Red Devils: “Mi ricordo la prima volta che l’ho visto giocare. Aveva solo 13 anni e scorrazzava sul campo come un cane che insegue un pezzo di carta portato via dal vento”, dirà molti anni dopo lo scozzese.
Dopo 3 anni passati nelle giovanili, diventa professionista il 29 novembre 1990 nel giorno del suo diciassettesimo compleanno. Debutta in Premier League pochi mesi dopo e segna il suo primo gol durante il derby di Manchester, per l’ 1-0 decisivo. I 2 anni passati nelle giovanili dei Citizens sono solo un brutto ricordo. La sua classe è indiscutibile, il suo talento cristallino e le sue impressionanti doti di instancabile corridore e assist-man lo affermano a livello mondiale, con la stampa del tempo che lo acclama come un “ragazzo prodigio” ed un possibile “nuovo George Best”. Condividere il campo da calcio e lo spogliatoio con altri campioni come Cantona, Keane, Scholes, Beckham lo consacra definitivamente nell’Olimpo dei più grandi di tutti i tempi. Nonostante alcuni scandali sessuali (pare che Ryan abbia frequentato per 8 anni la moglie di suo fratello) ne abbiano macchiato l’immagine fuori dal campo, dentro il campo è sempre stato irreprensibile e disciplinato ed un modello da seguire. Basti pensare che in 23 anni con la maglia dello United non ha mai ricevuto un cartellino rosso. Questo è solo uno dei tanti record conseguiti dal Mago Gallese. Ecco alcune statistiche che fanno di Giggs un giocatore insuperabile e una leggenda vera e propria, non solo per quanto riguarda il calcio inglese, ma per il mondo del calcio in generale:
è il calciatore che ha vinto più trofei nella Premier League e con la maglia del Manchester United (37);
è il giocatore con più presenze nella Premier League (664) e con il Manchester United (950);
è il calciatore con più assist nella Premier League (271);
è l’unico giocatore ad aver segnato almeno un gol in tutte le stagioni della Premier League;
è uno dei pochi calciatori ad aver disputato almeno 1000 partite in carriera da professionista;
è il giocatore con più presenze in assoluto nella Champions League (145).
Per un calciatore con un curriculum del genere le parole sono superflue. La frase di Ron Atkinson, ex manager del Manchester United, riassume meglio di qualunque cosa la figura di Ryan Giggs: “Ryan ti fa credere che esista davvero un Dio del calcio.”
E la sua carriera allo United non è ancora finita…

FINE  

giovedì 7 novembre 2013

LA "NUOVA" GERMANIA

Una delle nazionali più presenti nelle fase finali dei Mondiali degli ultimi, boh, facciamo 20 anni è la Germania. La nazionale teutonica deve questa fortuna alla sua grande cultura calcistica, e soprattutto al grande Bayern Monaco, squadra da sempre presente ai vertici del calcio europeo. Beckembauer e Muller, Matthäus e svariati altri giocavano nel Bayern; erano una generazione che esprimeva al massimo l'ideale della razza ariana attuato da Hitler qualche anno prima, prevedendo solo matrimoni tra tedeschi puri: tutti i giocatori della Germania fino agli anni 90 sono tedeschi al 100%. Vedendo la nazionale della Germania attuale, o meglio, da una decina d'anni a questa parte, i gerarchi nazisti probabilmente si rivolterebbero nella tomba svariate volte. Si, oggi, nella formazione tipo, ci sono almeno 4 o 5 giocatori di origini non tedesche. La Germania degli anni 80, sebbene fosse spaccata in due dal muro di Berlino, era una fucina di posti di lavoro, un'occasione per migliaia di persone, europee e non, che avevano la possibilitá di ottenere un'occupazione ben retribuita e un'opportunitá di vita migliore per le proprie famiglie: turchi, italiani, africani, asiatici, i vicini polacchi emigrano in Germania in cerca di una nuova vita. É in questo contesto che si sviluppa la nuova società tedesca, multietnica come non mai e, di conseguenza la nuova nazionale di calcio tedesca. Özil, Klose, Khedira, Boateng, Gomez e Podolski, tutti giocatori che hanno fatto la fortuna della Germania e ancora la faranno per qualche anno, sono di origini extragermania. É una questione che fa riflettere tanto sui grandi vantaggi che una nazione può ottenere dalla Globalizzazione, come per quanto riguarda il Belgio di cui ho giá scritto.  Probabilmente, invece di sbatterli in centri di recupero, riformulare una Legge come la Bossi-Fini, una cagata pazzesca, e permettere agli stranieri di arrivare in Italia per apportare le proprie conoscenza, esattamente come fanno gli italiani all'estero, sarebbe un'ottima opportunità per la nazione, ovviamente non solo calcisticamente. Sono troppo visionario? La Germania ed il Belgio ci hanno fatto fortuna, noi arranchiamo, come al solito, ma qualcosa si muove con nuovi figli di immigrati cittadini italiani. Staremo a vedere

domenica 3 novembre 2013

MANCHESTER UNITED STORY PART 8: THE TREBLE – THE IMPOSSIBLE DREAM

“Spuntai sul campo e rimasi confuso. Pensai: ‘Non è possibile, chi ha vinto sta piangendo e chi ha perso sta ballando’.” Lennart Johansson, ex presidente della Uefa, che durante Manchester-Bayern finale Champions 1999 - per dirigersi verso la premiazione - entrò in ascensore a 2' dalla fine, e spuntò sul campo poco dopo il fischio finale.

La stagione 1998-1999 è scolpita ad imperitura memoria nelle menti dei supporter del Manchester United. Il sogno di qualunque tifoso nel mondo è quello di poter vivere almeno una volta nella vita ciò che hanno vissuto i fan dei Red Devils quell’anno. Non a caso la conquista del Treble è sempre stata considerata un sogno impossibile. Si comincia con la Premier League. Lo United perde solo 3 partite durante tutta la stagione, con una impressionante striscia di 33 match consecutivi senza una sconfitta. Tuttavia è costretto a fare i conti con la tenacia dell’Arsenal, che non è intenzionata a mollare il titolo. Il Manchester supera l’Arsenal alla terzultima giornata e, dopo aver rischiato di perdere il trofeo all’ultima partita, andando in svantaggio contro il Tottenham, riesce a rimontare e a candidarsi campione d’Inghilterra con un solo punto di distacco dai Gunners. Una settimana dopo arriva anche la FA Cup vinta ai danni del Newcastle. L’Arsenal è battuto anche stavolta al fotofinish, in semifinale, con un gol di Giggs nei tempi supplementari. Ma è in Champions League che lo United consuma la sua vittoria più significativa. La finale del 1999 al Camp Nou di Barcellona è degna di entrare nella storia come una delle finali più belle ed emozionanti di tutti i tempi, a pari merito con la finale del 2005 tra Milan e Liverpool. Lo United arriva favoritissimo allo scontro decisivo con il Bayern Monaco, nonostante le assenze di Roy Keane e Paul Scholes a centrocampo. Il ruolino di marcia dei Red Devils è di tutto rispetto, essendo usciti imbattuti da un girone con Barcellona e Bayern Monaco e avendo eliminato Inter e Juventus. D’altro canto i tedeschi, penalizzati anche loro da due assenze di tutto rispetto come Lizarazu e Giovane Elber, hanno avuto una strada più facile avendo dovuto affrontare Kaiserslautern e Dinamo Kiev. La partita inizia in salita però per la compagine inglese. Dopo 6 minuti di gioco Mario Basler sorprende Schmeichel con una punizione al limite dell’area. Palla che si insacca a fil di palo nell’angolo basso alla sinistra del portiere e Bayern che conduce 1-0. Gli inglesi soffrono l’assenza dei due pilastri Keane e Scholes a centrocampo, e non riescono a creare occasioni da gol. Dall’altro lato i tedeschi si difendono molto bene e continuano ad essere pericolosi nei pressi della zona presidiata da Schmeichel. Il primo tempo si conclude con il Bayern in vantaggio di un gol. Ed è proprio all’intervallo che comincia la prima parte dell’impossible dream e ancora una volta l’artefice è Sir Alex Ferguson. Lo scozzese sale in cattedra e dà lezioni di orgoglio e grinta allo spogliatoio: 
“Alla fine di questa partita la Coppa sarà solo a due metri di distanza da voi, ma non sarete nemmeno in grado di toccarla se perdiamo. E per molti sarà la volta in cui vi avvicinerete di più ad essa. Non osate tornare in campo senza dare tutto.”
Nonostante il discorso nello spogliatoio lo United continua a soffrire gli attacchi tedeschi, guidati da un indiavolato Basler. E Ferguson costruisce la seconda parte del sogno inserendo in campo Teddy Sheringham e, a 10 minuti dalla fine, Ole Gunnar Solskjaer. Le sostituzioni si rivelano azzeccatissime. I nuovi entrati producono tre azioni da gol in poco tempo, tutte sventate da Kahn. La Coppa si sta avvicinando pericolosamente alla Germania. Il guardalinee segnala 3 minuti di recupero e i supporter inglesi sugli spalti vedono sfumare il sogno davanti ai loro occhi. Ma è proprio nei minuti di recupero che l’impossible dream si realizza. I Red Devils tentano il tutto per tutto con un vero assalto alla porta difesa da Kahn. E conquistano un calcio d’angolo. Clive Tyldesley, commentatore per una tv inglese si lascia sfuggire una frase profetica: “Riuscirà il Manchester a segnare? Di solito segna sempre…” Salgono tutti in area di rigore, anche Schmeichel è nel mucchio. La palla arriva proprio verso di lui, poi viene allontanata verso Giggs che svirgola una conclusione, ma che si rivela un assist per Sheringham; Teddy non fallisce sotto porta e pareggia i conti tra l’euforia del pubblico e della panchina. I tifosi sugli spalti accendono i fumogeni: è il delirio più totale. Ma il meglio deve ancora venire. Qualsiasi squadra al mondo si sarebbe limitata ad aspettare i tempi supplementari, con un minuto e mezzo rimanenti sul cronometro. Non è il caso del Manchester United. I Red Devils continuano ad attaccare e guadagnano un secondo calcio d’angolo a 50 secondi dalla fine. E Clive Tyldesley annuncia l’ennesima profezia: “Ormai andremo ai tempi supplementari, a meno che Solskjaer non riesca a fare un’altra magia. Dovete capirlo..Questo è l’anno del Manchester United. Sarà questo il loro momento?” Ed effettivamente è proprio questo il momento dei Red Devils, ed è proprio Solskjaer a compiere il miracolo. Beckham batte il calcio d’angolo e il norvegese insacca con una conclusione ravvicinata. Il Manchester raggiunge la terra promessa. Il sogno è compiuto, Schmeichel fa le capriole, i tifosi piangono, un boato sommerge il Camp Nou. Brividi. I tifosi e i giocatori del Bayern sono attoniti, non riescono nemmeno a piangere da quanto è stata scioccante la sconfitta. Per ogni supporter dello United è il momento più bello della vita, un miracolo. Come hanno scritto i giornalisti inglese questa non è stata una rimonta, è stata una resurrezione. Una vittoria semi-divina in due minuti, i due minuti più mozzafiato della storia sportiva. 120 secondi che hanno coronato una stagione incredibile, che hanno insegnato a tutti che se continui a provarci, puoi riuscire nelle imprese, anche quelle più ardue. L’impossible dream si è realizzato, nel modo più bello di tutti.
Continua…

LA TRISTEZZA DELLE RACCOMANDAZIONI, ANCHE NELLO SPORT

Meritocrazia. Una caratteristica che spesso non viene valorizzata, quasi come se si avesse paura della potenza di questa parola. Si preferisce spesso assegnare in posti che non gli competono persone che non meriterebbero la metà di quello che invece ottengono, a discapito di coloro che in realtà possiedono i meriti per occupare quelle posizioni. Un esempio lampante, perfetto, e quanto mai più delucidante è quello che si è appena manifestato, a mio parere, all'interno della sezione sportiva della più grande emittente televisiva italiana, Sky. Questi signori portano soggetti di grande competenza in trasmissione, spesso ex giocatori (Marchegiani, Costacurta, Di Gennaro, Adani), per commentare le partite o per partecipare allo show del pomeriggio, che permette loro di fare domande agli intervistati. Tra questi, c'è anche una persona che oltre ad essere incompetente e raccomandata, è anche di un'antipatia unica. Costui è Massimo Mauro. 
Massimo Mauro è un'ex giocatore di varie squadre italiane, e da quando è a Sky sport, non ha fatto altro che raccogliere antipatie con commenti diffamanti rivolti all'operato degli arbitri, ai presidenti, agli allenatori e perfino ai giocatori. Insomma, tutti ce l'hanno con lui, proprio come lui ce l'ha con tutti. Ma il vero problema è che a Sky Sport c'è un commentatore ed opinionista sportivo che ne sa più di tutti gli opinionisti sportivi del pianeta: Federico Buffa. Quest'uomo, avvocato di professione, parla 6 lingue, e ne sa di calcio e basket come nessun'altro. Ha una capacità di argomentare discussioni su qualunque tema, ma soprattutto di catturare l'ascoltatore, che rimane incantato mentre lui parla (più volte mi sono trovato a passare anche un'ora e mezzo di fila davanti al computer ad ascoltare i suoi racconti su personalità dello sport). Qual è il motivo per cui ho tirato in ballo l'Avvocato, storico commentatore dell'NBA insieme al suo collega Flavio Tranquillo? Qualche giorno fa, sky ha annunciato che Buffa non avrebbe fatto più parte del "progetto" NBA, perchè la produzione lo vuole tenere per i Mondiali di calcio 2014, l'evento di punta di questa stagione sportiva; ma dov'è il problema? Il problema è che Buffa non condurrà nessuna trasmissione, dovrà solo raccontare delle storie commemorative dei Mondiali, quando magari in studio a commentare ci sarà Massimo Mauro. Questo è il potere della raccomandazione: annullare, annichilire, depauperare la meritocrazia. Sempre fedele a Federico Buffa, il giornalista-avvocato-mito che mi ha ispirato ad aprire questo blog, con la forza delle sue parole.

venerdì 1 novembre 2013

LA TRISTE STORIA DI FELICE NATALINO


Il sogno di tutti i ragazzini che amano questo sport, é solo uno: giocare in serie A. Anni di sacrifici, il Sabato non esci perché la domenica si gioca, il giorno ti devi allenare e trovare la voglia di studiare dopo gli allenamenti. Nonostante questo, tutti sognano di dover fare sacrifici, perché in cambio ottengono continuitá e, se uno é bravo, la possibilità di giocare in serie maggiori. Come tutti noi, anche Felice Natalino aveva questo sogno. E l'ha esaudito. Il 28 novembre 2010 Rafa Benitez, allora allenatore dell'Inter, lo fa esordire in campionato; e non é tutto: il 7 dicembre dello stesso anno sostituisce il suo capitano, Javier Zanetti, in una partita di Champion's League. Direte voi: " che cosa può volere uno di più dalla vita?" Probabilmente la continuitá del sogno. Felice Natalino ha giocato a calcio per una vita,ma la sua carriera ufficiale è durata 3 anni. Annuncia il suo ritiro il 30 ottobre 2013, a 21 anni e tante speranze sulle spalle, per una grave aritmia cardiaca che gli pregiudica la possibilitá di giocare. Condivide su twitter una foto commovente: é lui che parla con Samuel Eto'o, in allenamento. La foto ha la disascalia, che recita: "purtroppo il destino ha voluto diversamente, ma rimane comunque un me l'onore di aver giocato con Dei come Lui".      
Un messaggio bellissimo, ma al contempo terribile. Un giocatore quando arriva in serie A pensa di poterci restare, ma il destino così non ha voluto. Il sogno di condividere lo spogliatoio con campioni come Eto'o, Milito, Snejider, Julio Cesar, Samuel e tanti altri però l'ha esaudito. Palmarès importante nonostante la carriera corta: vince il Mondiale per Club con l'Inter, nell'anno dei record in cui si aggiudicarono il Triplete. Il sogno di ogni calciatore, che può infrangersi in ogni momento per un problema di salute. La pagina facebook "Chiamarsi Bomber..." lo saluta dicendo: ciao bomber. Io lo saluto dicendo: ciao ragazzo, e grazie per il sogno di tutti noi che in te si é avverato.

ALVARO "EL CHINO" RECOBA

Uruguagio, sinistro fatato come pochi, interista... Ci sono tutti i presupposti per creare un giocatore incredibile, e così fu: nasce il 17/3/1976 Alvaro Recoba. Una figura un pò controversa, un trequartista di grandissima caratura che però stenta a raggiungere i suoi massimi, a causa di un calcio che spesso fa a meno di questo ruolo. El Chino cattura fin da subito le attenzioni di osservatori europei, ma il grande cuore di Massimo Moratti, presidente dell'Inter, viene subito rapito dall'estro e dal genio dell'Uruguagio dai tratti somatici orientali. Moratti lo porta in Italia, e lo manda in prestito al Venezia, dove comincia a far vedere i suoi colpi, tra cui un gol da centrocampo, il suo marchio di fabbrica. Torna all'Inter e in 167 presenze segna 50 gol. Non voglio stare ad elencare le squadre che ha girato, ma cercare di capire cosa ha indotto Moratti, che in squadra ha avuto giocatori come Ronaldo, Vieri, Mattheus, Eto'o, Milito, Snejider, Zanetti, Veron, Vieira ecc. a preferire el Chino, una talentuosa eterna promessa del calcio uruguagio; per farla breve, cercare di capire come mai Moratti si presentò allo stadio con la maglia di Recoba.  Un presidente con la maglia del suo pupillo non si è mai visto in Italia: abbiamo mai visto Cecchi Gori con la maglia di Batistuta? Berlusconi con la maglia di Kakà? Eppure Moratti appare affascinato da Recoba, e lo possiamo capire: personalità tutt'altro che tranquilla (El Chino le cose non le manda a dire), in campo si trasforma: dribbling, numeri, cross al contagiri, tiri dalla distanza e, infine, le punizioni. Come calciava le punizioni! Una delizia per gli occhi quando Recoba sistemava la palla sulla piazzola fuori area, non ce n'era per nessuno: lo stadio si fermava, tutti zitti ad aspettare il tiro. Decisamente uno dei migliori tiratori da lontano che abbiamo visto negli ultimi anni, ci ha deliziato con qualche gol da lunghissima distanza, come quello contro l'Empoli, alla sua prima stagione in nerazzurro: rimpallo a suo favore, Recoba si trova appena oltre la linea del centrocampo, vede il portiere decisamente fuori dalla porta, controlla la palla e colpisce il pallone con una leggiadria sconvolgente, mandando il pallone a infilarsi sotto la traversa alle spalle del portiere. Una bellezza per gli occhi